Non tutti i mali vengono per nuocere
Da Trump 2.0 alla Difesa Europea passando per il Bipolarismo
Di Gaia Sabellico
13 Maggio 2024
Tempo di lettura: 8 minuti
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Se cinque anni fa ci avessero raccontato come sarebbe cambiato il mondo oggi, difficilmente ci avremmo creduto. La nostra quotidianità – o forse è più proprio dire quella che viviamo attraverso uno schermo – è diventata l’inimmaginabile di allora. Il quadro è più interconnesso che mai, con un filo che passa dagli Stati Uniti, passando per la Cina, la Russia, finendo negli Stati Europei.
Con le elezioni americane alle porte, una rielezione di Trump potrebbe avere un effetto domino sulla geopolitica mondiale. Infatti, a partire dal “Pivot to Asia” dell’amministrazione Obama, inizialmente utilizzato come contrappeso alla crescita della Cina, gli Stati Uniti hanno progressivamente ridotto il loro impegno nella partnership con gli Stati Europei soprattutto nella formazione dell’Alleanza Atlantica, a fronte di una graduale perdita di importanza geostrategica, dando invece priorità alla competizione economica con la Cina. A testimonianza di questa perdita di interesse, i tempi prolungati necessari per approvare l’ultimo pacchetto di aiuti dell’Aprile di quest’anno.
Sebbene un evento non si presenti mai due volte nella stessa forma, non ci si può aspettare un Trump 2.0 troppo diverso dalla versione originale. L’“isolazionismo politico”, sommato all'unilameralismo economico già presente, l’imprevedibilità delle sue decisioni, e la totale assenza di diplomazia, sono tutti fattori che suggeriscono che “l’effetto Trump” risulterebbe divisivo. C’è un altro aspetto da sottolineare, ovvero che il mantra “America first”, sebbene sia da sempre la formula vincente – tanto da aver contribuito nel rendere gli USA la prima potenza mondiale – questa volta potrebbe invece rivelarsi controproducente.
Ma ciò di più importante su cui soffermarsi, di gran lunga sottovalutato, è un ritorno della Great Power Competition che porta con sé un la possibilità di riemersione del bipolarismo. Da un polo Cina e Russia, dove la prima supporta e finanzia quest’ultima nella realizzazione della sua Grand Strategy, mettendo effettivamente in atto l’avanzata del comunismo. Dall’altra parte i paesi occidentali: gli Stati Uniti e un’Europa sempre più a rischio e sempre più sola. Al contrario della Cina, il supporto politico USA e la partnership con l’Europa in tutte le sue formazioni (UE e NATO) sono sempre più carenti. E in questo quadro, attuare una politica di protezionismo combinata con un sempre più vivido e compiuto “Pivot to Asia” non è una mossa strategica per l’America, la quale rischia di trovarsi isolata avendo voltato le spalle all’Europa nella corsa con la Cina a chi ricopre il primo posto di potenza mondiale.
Se Trump fosse rieletto, la prima e più tangibile conseguenza per l’Europa sarebbe il cessato supporto all’Ucraina, la quale precipiterebbe sotto l’assedio russo – come suggeriscono le ultime notizie da Kiev che ci comunicano una situazione drammatica per la resistenza Ucraina, la quale è vicina al cedere (Mergelletti, 2024). Infatti, gli Stati Uniti hanno finora fornito circa il 50% del totale degli aiuti all’Ucraina (Bomprezzi, Kharitinov, & Trebesch, 2024).
Qualora inoltre, Trump non dovesse proteggere i paesi dell’Alleanza che non raggiungono il 2% di spesa in difesa in caso di un’escalation con la Russia, ci troveremmo di fronte a un incrocio storico: soccombere al nuovo impero zarista, o eliminarne definitivamente la minaccia. In entrambi i casi, i paesi Europei sarebbero soli, costretti a farsi forza sulle proprie gambe.
Oggi da nord a sud l’Europa è minacciata da Stati che giocano sulla reticenza ad entrare in guerra, che seppure storicamente giustificata e moralmente giusta, non è più una strategia sostenibile. La strategia industriale europea della difesa approvata il 5 marzo 2024 dalla Commissione con la quale gli Stati Europei hanno concordato che sia giunto il momento di convertire le economie nazionali in economie di guerra, è già primo importante passo avanti che rende più strategica la postura dei paesi Europei in politica estera.
Ma cosa succederebbe all’Europa se gli Stati Uniti le voltassero totalmente le spalle in nome del protezionismo e dell’“America first”? Scrive il giornalista Federico Rampini che lo “shock Trump” potrebbe essere salutare nel lungo periodo, quando gli stati europei avranno raccolto i pezzi di ciò che rimane di loro per ricostruire qualcosa di più forte, che si regga su gambe europee (Rampini, 2024). Forse quella doccia fredda necessaria a portare alla creazione della tanto attesa Difesa Europea.
Tuttavia, con tutta probabilità il primo momento sarebbe di shock, e ad aggravare il quadro la minaccia di un’invasione proveniente dal progetto russo di dare vita all’impero zarista del XXI Secolo, smilitarizzando i paesi che lo circondano sul versante UE/NATO a cominciare dall’Ucraina (Valentino, 2024), e facendone una barriera a protezione dai valori europei. Tuttavia, non soltanto questo violerebbe ampiamente il diritto internazionale, ma comporterebbe anche l’attivazione dell’Articolo 5 del Trattato dell’Alleanza Atlantica, in quanto gli Stati Baltici sarebbero il prossimo obiettivo nel mirino Russo. Questi sono da mesi militarmente preparati ad uno scontro diretto con la Russia, considerato probabile nel corso dei prossimi anni (Sytas, 2024).
Seppure impensabile, questo scenario è purtroppo realistico: Putin ha portato la guerra fino a qua, un qua che nel Gennaio 2022 non era immaginabile. Non ci sarebbe da stupirsi se l’inimmaginabile continuasse a rendersi realtà.
Tuttavia, uno dei collanti che unisce i Paesi Europei è la resilienza: di fronte a ogni difficoltà si è sempre riusciti a trovare il modo di reagire collettivamente. Oggi, davanti a questa sfida, il modo di reagire si traduce nella realizzazione di una difesa comune.
Se i Paesi europei dovessero unire i loro bilanci per la difesa in un unico fondo europeo, l'importo ammonterebbe a quasi 320 miliardi di dollari, una cifra nettamente superiore ai 109 miliardi di dollari russi. Inoltre, la cifra è cresciuta notevolmente rispetto al 2022, quando i bilanci europei, se unificati, sarebbero stati ancora molto più alti di quelli russi, con cifre pari rispettivamente a 256 e 102 dollari.
Oltre ad unire i bilanci per gli acquisti e l'allineamento dell'addestramento, è necessario armonizzare la base industriale e tecnologica della difesa (DITB): ad oggi, l'industria europea della difesa è altamente frammentata, comprendendo un numero consistente di grandi aziende multinazionali, mid-cap e oltre 2000 piccole e medie imprese (Clapp, 2023). E lo stesso vale per gli arsenali nazionali: I Paesi europei possiedono un totale di 17 diversi modelli di carri armati, 20 diversi aerei da combattimento, 29 cacciatorpediniere e 27 diversi tipi di artiglieria, compromettendo inevitabilmente il potenziale delle loro forze combinate. L'armonizzazione degli arsenali non solo comporterebbe un risparmio tra i 25 e i 75 miliardi di dollari (Skytg24, 2024), ma anche un maggiore coordinamento, efficacia e competitività.
Si pone allora il problema della compatibilità tra la difesa europea e la NATO. Il motivo per cui un esercito europeo non ha mai preso piede è la riluttanza a cedere una quota così significativa di sovranità, la quale si sta ora accumulando con l'idea che la spesa per la sicurezza non sia una preoccupazione di primo livello. Per consentire a una Difesa europea di concretizzarsi, la chiave è coordinare le capacità di ciascuno, facendo leva sulla forza di entrambe le parti per massimizzare il potenziale collettivo di difesa (Letta, 2024, p. 71). L'idea è quella di fornire una struttura di difesa ben organizzata a livello europeo che comporti l'allineamento dei bilanci, degli arsenali e dell'addestramento militare, di cui anche la NATO - in quanto organizzazione che comprende sette Stati membri non appartenenti all'UE - possa beneficiare. L'unico caso in cui una Difesa europea potrà prendere piede e concretizzarsi rapidamente - oggi in cui è più che necessaria - è quello in cui questa venga concepita come una solida struttura industriale ed economica al servizio della NATO, anche nella prospettiva - che non sembra poi troppo remota - di un definitivo passo indietro degli Stati Uniti da quest'ultima. Tale soluzione normativa è perfettamente in linea con le capacità dell'Unione, in quanto implica l'utilizzo della sua risorsa più forte: il suo potere normativo. Inoltre, in questo modo, il grande passo appare attenuato nella sua intensità dal punto di vista degli Stati membri.
Sbloccare il pieno sviluppo del ramo sicurezza dell'Unione significherebbe lanciarla immediatamente verso un nuovo livello di competitività e liberare il suo potenziale di potenza globale, forse riequilibrando l'instabile ordine mondiale che è continuamente sull'orlo del cambiamento.
Tirando le somme, tre scenari sembrano essere plausibili.
In primo luogo, lo scenario di un Trump 2.0 con il protezionismo, l’“America First”, e l’atteggiamento tutt’altro che diplomatico nei confronti della Cina e non solo, contribuirebbe al riemergere del bipolarismo. Un bipolarismo in cui gli USA rischiano di rimanere isolati, dopo aver allontanato l’Europa come primo partner strategico, e inevitabilmente perderebbero il loro attuale vantaggio in ciò che più di tutto gli interessa: il primato di potenza globale.
Seppure sembri obsoleto, Putin punta a rimettere in piedi un impero, facendo marcia indietro su tutti i progressi fatti dopo la Seconda guerra mondiale in termini di diritto internazionale. Da sola non riuscirebbe, ma stavolta è supportata da una Cina sempre più ricca e potente.
Gli Stati Europei, invece, dopo un primo forte shock iniziale, finirebbero per uscirne rafforzati, trovando modo e luogo di riorganizzarsi, utilizzando gli strumenti che hanno a disposizione, e portando finalmente a termine l’ultimo tassello rimasto incompleto del processo di integrazione. La posizione europea in termini geopolitici assumerebbe una forma totalmente diversa e decisamente più competitiva sotto il punto di vista militare – che al momento resta il suo punto debole.
I Paesi Europei ne uscirebbero quindi rafforzati… In fin dei conti, non tutti i mali vengono per nuocere.
Every cloud has a silver lining
From Trump 2.0 to European Defense and Bipolarism
By Gaia Sabellico
May 13th, 2024
Reading time: 8 minutes
Had we been told five years ago how the world would have turned out to be, we would have probably not believed that. Our everyday life has become what once was unimaginable, and the global scene is more interconnected than ever, with a wire that runs through the United States, China, and Russia, and ends up in the European States. As the American elections approach, Trump’s potential re-election could initiate a domino effect on global geopolitics. As a matter of fact, since the “Pivot to Asia” of the Obama Administration, initially used as a balancer to the growth of China, the US has gradually lowered its commitment to the partnership with the European countries – particularly in the NATO formation – consequently to a gradual loss of geostrategic relevance, prioritizing instead the economic competition with China. As evidence of this loss of interest, the extended time needed for the approval of the last aid package in April of this year. Although the same event never occurs twice in the same shape, one cannot expect a Trump 2.0 to be too different from the original version. “Political isolationism” piling up over the already existing economic unilateralism, the unpredictability of decisions, and the total lack of diplomacy, suggest that the “Trump effect” will result in being divisive. There is another aspect to stress, that the mantra “America First”, albeit having always been the winning formula – to the extent that it contributed to making the United States the first global power – might backfire this time. Nonetheless, the most relevant and largely overlooked aspect to reflect upon is the return of the Great Power Competition, which carries with it the possibility of a resurgence of the bipolar global order. China and Russia on the one side, where the first supports and finances the latter in the implementation of its Grand Strategy, effectively enacting the spread of communism. On the other side the Western countries: the United States, and an increasingly more at-risk and lonelier Europe. As opposed to China, the US’s support to Europe in all its settings (EU and NATO) is increasingly lacking. In this framework, implementing a protectionist policy combined with an increasingly more vivid and accomplished “Pivot to Asia” is not a strategic move for America, which risks finding itself isolated after having prioritized the race with China to first global power over its traditional partners. Should Trump be re-elected, the first and most tangible consequence for European countries would be the ceased support to Ukraine, which would consequently fall under the Russian siege –the latest news from Kyiv already broadcast a dramatic situation for Ukrainian resistance, which is a step away from ceding (Mergelletti, 2024). In fact, the United States has so far provided around 50% of the total aid received by Ukraine (Bomprezzi, Kharitinov, & Trebesch, 2024).Furthermore, in the event that Trump does not protect the NATO countries failing to meet the 2% of budget spending in defense in the event of an escalation with Russia, Europe would find itself before a historical juncture: succumb to the new Tzarist empire, or definitively eliminate the threat it carries. In both scenarios, the European countries would be alone, forced to rely only on themselves. Today from north to south European countries are threatened by States that take advantage of their reluctance to go to war, which although historically justified and morally right, is not a sustainable strategy anymore. The European Defence Industrial Strategy approved by the European Commission on March 5th, 2024, with which European Countries have agreed to convert national economies into war economies, is already an important step ahead that makes these Countries’ foreign posture more strategic. But what would happen to Europe if the United States would completely turn its back on it in the name of protectionism and of “America First”? Journalist Federico Rampini writes that the “Trump shock” will turn out beneficial in the long run, when the European States will have gathered the pieces of what is left of them to build something stronger and stands on European legs (Rampini, 2024). Perhaps that necessary cold splash of reality that will lead to the long-awaited European Defense. Nonetheless, the initial reaction will most likely be one of shock, exacerbated by the threat of the Russian project of bringing to life the Tzarist Empire of the XXI century, demilitarizing the neighboring countries on its EU/NATO border, starting with Ukraine (Valentino, 2024), and eventually growing a barrier protecting from European values. However, not only this poses a significant violation of international law, but will also trigger the activation of Article 5 of the North Atlantic Treaty – being the Baltic States the next objective in the Russian crosshairs. These have been militarily prepared for a direct confrontation with Russia for months, as this event is considered likely to happen in the next years (Sytas, 2024). Although unthinkable, this scenario is unfortunately probable: Putin escalated the war up to here, a here that was unthinkable in January 2022. It wouldn't be surprising if the seemingly unthinkable continued to unfold into reality.Nevertheless, one of the glues that hold European countries together is resilience: these have always found a way to react collectively to any difficulty. Today, before this challenge, the way to react translates into the realization of a common defense.
Should European Countries merge their defense budget into one European fund, this will amount to almost US$ 320 billion, a figure that is consistently higher than the Russian US$109 billion. Furthermore, the figure grew substantially from 2022, when European budgets if merged would have still been much higher than Russia, with the figures amounting to US$256 and US$102, respectively.
Besides merging the budgets for purchases and training alignment, it is necessary to harmonize the Defence Industrial and Technological Base (DITB): as of today, the European defense industry is highly fragmented, comprising a consistent number of large multinational companies, mid-caps, and over 2000 small and medium-sized enterprises (Clapp, 2023). And so are the national arsenals: European countries own a total of 17 different models of tanks, 20 different fighter aircraft, 29 destroyers, and 27 different types of artillery, inevitably undermining the potential of their combined forces. Harmonizing the arsenals would not only entail saving a figure ranging between 25 and 75 US$ billion (Skytg24, 2024), but it would also result in greater coordination, effectiveness, and competitiveness.
Then the issue arises of the compatibility between European defense and NATO. The reason why a European army never gained ground is the reluctance to cede such a significant share of sovereignty. This hesitancy is now piling up with the idea that security spending is not a first-tier concern. In order to allow a European Defense the chance to materialize, the key is coordinating each one’s capacities, leveraging on the strength of both parties, to maximize the collective potential for defense (Letta, 2024, p. 71). The idea is to provide a well-organized defense structure at the European level that entails the alignment of the budgets, arsenals, and military training, from which NATO – as an Organization comprising seven non-EU Member States – can benefit as well. The only way a European Defense can gain ground and swiftly materialize now that is most needed is if it is conceptualized as a solid industrial and economic structure at the service of NATO, also in the perspective – which does not seem too remote – of a definitive step back of the US from NATO. This regulatory solution aligns perfectly with the Union’s capabilities, as it involves the use of the Union’s strongest asset: its normative power. Furthermore, in this way, the big step would appear mitigated in its intensity from the standpoint of the Member States.
Unlocking the full development of the security branch of the Union would instantly launch it to a whole new level of competitiveness and release its potential as a global power, perhaps rebalancing the unstable global order that is continuously on the verge of change.
Drawing conclusions, three scenarios seem to be plausible.First and foremost, the event of a Trump 2.0, with the traditional protectionism, the “America First” and the anything-but-diplomatic attitude toward China (among others), would reignite bipolarism. A bipolar order in which the US risks being left isolated after having pushed away the European states as its first strategic partners, inevitably losing its current advantage in what of most dear it has: the primacy of global power.Although it seems obsolete, Putin has the objective of recreating an empire, reversing all the progress that has been made since World War II in terms of international law. It would not succeed alone, but it is now supported by an increasingly wealthier and stronger China.The European States, on their side, after an initial shock, would end up coming out stronger, finding a rearrangement, utilizing to tools at their disposal, and eventually concretizing the final aspect of the integration process remained unresolved. The geopolitical position of European countries in would assume a totally different and definitely more competitive status from the military perspective – which now remains its main weakness. The EU Countries would eventually come out stronger… At the end of the day, every cloud has a silver lining.

Bibliografia
Skytg24 (2024). In Ue 25 miliardi? Sprecati per mancata difesa comune. Italy.
Letta, E. (2024). Much more than a market – Speed, Security, Solidarity Empowering the Single Market to deliver a sustainable future and prosperity for all EU Citizens. Enrico Letta.
Baccini, F. (2024, Aprile 16). Draghi’s report holds the key to Europe’s future competitiveness: “Radical change needed”. From EU news: https://www.eunews.it/en/2024/04/16/draghis-report-holds-the-key-to-europes-future-competitiveness-r...Rampini, F. (2024, February 17).
Europa attenta, l’isolazionismo Usa non dipende solo dal presidente. Il Corriere della Sera.
Mergelletti, A. (2024, Maggio 3). Situazione Drammatica Kiev e Odessa in pericolo. (M. Evangelisti, Interviewer)
Brogi, A. M. (2024, Aprile 22). Nel 2023 aumento record della spesa militare. La classifica degli Stati. L'Avvenire.
Valentino, P. (2024, Aprile 17). Suslov, consigliere del Cremlino: «Stiamo vincendo sul campo, ma non ci bastano. Il Corriere della Sera.
Sytas, A. (2024, Febbraio 14). Russia preparing for military confrontation with West, says Estonia. From Reuters: https://www.reuters.com/world/europe/russia-preparing-military-confrontation-with-west-says-estonia-...
Bomprezzi, P., Kharitinov, I., & Trebesch, C. (2024). Ukraine Support Tracker – Methodological Update & New Results on Aid “Allocation” (April 2024). Keil Institute for the World Economy.
European Commission. (2024, March 5). First-ever European defence industrial strategy to enhance Europe's readiness and security. European Commission.
https://commission.europa.eu/news/first-ever-european-defence-industrial-strategy-enhance-europes-readiness-and-security-2024-03-05_it

Gaia Sabellico
Gaia, fondatrice del Network Studenti di Sicurezza Italiani e Alumna LUISS con una laurea in Scienze Politiche e un Joint Master in European Security ottenuto presso la Luiss School of Government, prosegue attualmente i suoi studi in Geopolitics and Strategic Studies all’Università Carlos III di Madrid. Con un percorso accademico e professionale fortemente incentrato sulla sicurezza e gli studi strategici, Gaia coltiva una profonda passione per la NATO e ambisce a costruire la sua carriera futura all'interno dell'organizzazione.